Se in panchina c’è anche l’algoritmo. Calcio e computer, storia di un matrimonio (forzato, ma non troppo) – Calcio

Se in panchina c’è anche l’algoritmo. Calcio e computer, storia di un matrimonio (forzato, ma non troppo) – Calcio

Se in panchina c’è anche l’algoritmo. Calcio e computer, storia di un matrimonio (forzato, ma non troppo) – Calcio


Il giocatore si sveglia, indossa una maglietta e rivela il suo stato di forma al preparatore atletico, che riceve i dati magari dall’altra parte del mondo. La t shirt è collegata tramite bluetooth al cellulare, dove una app trasmette informazioni su informazioni: la qualità del sonno, il recupero dallo sforzo delle gare precedenti, il tipo di stress. Il futuro è qui, convive con i colpi di testa vincenti e le parate strepitose, gesti che esistono da quando rotola il pallone.

Il “Moneyball” e la diffidenza del mondo dello sport

Eppure il calcio fatica ancora ad accettare il computer, come fosse un intruso nella stanza dei sogni. Lo dimostra lo scetticismo con cui è stata accolta la decisione del Milan di utilizzare nel mercato del 2023 il moneyball, l’algoritmo che analizza e incrocia i dati degli atleti. Le statistiche di gioco, le caratteristiche fisiche, la possibilità di adattamento ai contesti tattici indirizzano i dirigenti verso profili a volte sottovalutati che però soddisfano le necessità della squadra in base ai numeri mancanti.“Moneyball” è anche il titolo del film del 2011 che racconta la storia del record ottenuto nel 2002 dagli Oakland Athletics, capaci di conquistare venti vittorie consecutive nella Major League del baseball americano. Il loro general manager, Billy Beane, interpretato da Brad Pitt, si affidò all’algoritmo e alle capacità di Paul DePodesta, laureato in Economia ad Harvard, non ascoltando i suggerimenti degli scout, chiamati fino a quel momento a indicare le linee guida della campagna acquisti. E proprio Beane è diventato uno dei consulenti di Gerry Cardinale, il proprietario del club rossonero, che ha seguito la strada tracciata dal Brentford in Inghilterra e dal Midtjylland in Danimarca.

Roberto De Bellis

Roberto De Bellis 

De Bellis: “Il calciatore può mentire, i suoi dati fisici no”

Chi di noi, in fondo, non si identifica almeno inizialmente con l’allenatore Art Howe, uno straordinario Philip Seymour Hoffman, che mostra tutte le sue perplessità per quei calcoli astrusi, così lontani dalle sue conoscenze di fili d’erba e spogliatoi? “Ma il progresso tecnologico corre più veloce di Mbappé”, sentenzia il professor Roberto De Bellis, ex preparatore atletico di Juventus, Atalanta, Cagliari, Genoa, Catania e Chievo, fino al 30 giugno sotto contratto con la Sampdoria. Ha insegnato a Scienze Motorie a Verona e a Padova e ha collaborato ai corsi di Medicina dello Sport, a testimonianza della sempre maggiore integrazione tra i diversi aspetti del calcio da cui ormai non si può tornare più indietro. Un tempo, per esempio, si chiedeva all’atleta come stava per capire se schierarlo o meno in campo ma “il calciatore – spiega De Bellis – è bugiardo di natura, se vuole giocare dirà sempre che va tutto bene. Ora però i software ti permettono di analizzare il battito cardiaco, l’indice di stress, le capacità di recupero della sua muscolatura: tutti parametri che ti danno la reale fotografia della sua condizione e ti consentono di capire se è in grado di sopportare un certo allenamento e lo sforzo della partita o se invece è meglio prevedere lavori più leggeri per evitare infortuni”.

Lo juventino McKennie si toglie il dispositivo GPS dopo essere stato sostituito

Lo juventino McKennie si toglie il dispositivo GPS dopo essere stato sostituito 

Più lo sport si affida alle macchine, più si avvicina ai singoli

E qui si annida un paradosso solo apparente: più lo sport si affida alle macchine e più si avvicina al singolo e alle sue esigenze, senza escludere il fattore umano, che anzi per De Bellis è più centrale che mai: “Il GPS indica con esattezza i chilometri percorsi da ciascuno. Ma se fai il matematico e vai a dire a un professionista che ha corso meno dei suoi compagni, te lo sei fatto nemico e hai azzerato ogni possibile empatia. Bisogna conoscere le caratteristiche di ogni soggetto, se privilegia la quantità o la qualità, e comprendere l’andamento di quella specifica partita, in cui magari le azioni più importanti si sono sviluppate lontano dalla sua zona di campo, coinvolgendolo di meno”.

Il gioco delle luci e gli stimoli per portieri e attaccanti

Gli atleti sono sempre più consapevoli e richiedono specializzazione nel lavoro. E così il calcio diventa (anche) un gioco di luci. Come quelle usate per allenare le abilità tipiche del gioco attraverso stimoli visivi. I portieri vengono messi davanti a un’apparecchiatura in cui devono spegnere in velocità i pulsanti che si illuminano a sorpresa: un esercizio che permette di calcolare i diversi tempi di reazione tra braccio destro e braccio sinistro e di programmare insieme il percorso per ridurli. Gli attaccanti invece devono liberarsi nella zona del campo in cui si accende una luce e calciare a rete dove se ne accende un’altra: un’esercitazione molto più vicina alla realtà delle partite perché con gli imprevisti simula la presenza degli avversari.

I dati fisici degli allenatori di oggi

“All’interno di un collettivo stiamo andando sempre più verso carichi di lavoro individuali – spiega De Bellis – anche se poi la sintesi finale tocca sempre all’allenatore: ci sono quelli che chiedono comunque a tutti di andare oltre i loro limiti per il bene della squadra e quelli che invece leggono con grande attenzione i dati che gli offriamo. Ma il futuro è segnato, perché sono ormai tanti i tecnici che quando erano giocatori hanno beneficiato dei nuovi metodi: nel mio computer ho i dati fisici e atletici di Fabio Grosso, Eugenio Corini, Alberto Aquilani, Filippo e Simone Inzaghi”.

Il gol di Thuram in Inter-Fiorentina




Il gol di Thuram e quell’immagine in panchina

A proposito dell’allenatore campione d’Italia: il video qui sopra ne riprende la reazione al gol di Marcus Thuram in Inter-Fiorentina del 3 settembre 2023, match finito 4-0. Dopo aver esultato, Inzaghi si siede in panchina e dietro di lui appare uno dei suoi collaboratori più stretti, Mario Cecchi, che digita al computer. Quei dati vengono subito processati grazie a programmi che creano database a cui chiedere in tempo reale tutto o quasi, dai modi di battere i calci d’angolo fino ai giocatori da marcare perché sono i più cercati dai loro compagni, passando per le scelte difensive nelle situazioni di pericolo.

Milan-Atalanta del 2008: un rigore parato dopo una notte in bianco

Siamo lontanissimi dalla preistoria del “match analysm”, l’epoca delle videocassette quando, nelle sale montaggio allestite dalle società, si creavano le clip da sottoporre agli allenatori. Una mole di lavoro enorme che veniva suddivisa tra tutti i membri degli staff, allora assai meno affollati di oggi. Quando era all’Atalanta di Delneri, De Bellis studiava con il preparatore dei portieri la squadra avversaria. Le ore passate a rivedere gli incontri hanno trovato un senso il 30 marzo 2008: “Concessero un rigore al Milan all’ultimo minuto di una partita che stavamo vincendo 2-1 a San Siro. Noi avevamo passato la notte a studiare Pirlo: dove calcia il rigore della paura, quello che deve segnare a tutti i costi? Quasi sempre nell’angolo alla destra del portiere. Pirlo parte e incrocia il tiro, ma il nostro Ferdinando Coppola è già lì ad aspettarlo con la mano aperta: pallone in calcio d’angolo e vittoria dell’Atalanta”. Un portiere che para un rigore: un gesto antico, eppure modernissimo.



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